Mindfulness: scopriamo a chi interessa

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Mindfulness: scopriamo a chi interessa

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Fino a dieci/quindici anni fa, pochi (o forse nessuno) parlavano di mindfulness. Oggi invece è un qualcosa che è sulla bocca di tutti (siamo nel 2023).

Cominciamo dalla parola: mindfulness si traduce in italiano con la parola consapevolezza.

Cosa significa consapevolezza? Oggi, quello che troviamo in rete, ciò che ascoltiamo, ci fa capire che sia uno stile di vita. Un modo di essere. Di pochi. Chi lo applica è capace di prendersi tempo per se stesso, di fare pause quando gli servono (anche sul lavoro), di respirare profondamente per ritrovare o mantenere la calma. Ecco che in un attimo una parola, la cui etimologia è derivato di consapere, composto di con e sapere, appare fumosa e apparentemente senza alcuna applicazione logica o nella vita concreta.

Capiamo allora che consapevolezza significa avere conoscenza di se, prima di tutto. Poi degli altri. Del mondo con cui si è in relazione.

Quindi perché in tanti, troppi, si sbracciano a professarla come fosse una nuova dottrina?
Perché sentiamo l’esigenza di usare la parola mindfulness per insinuare che è l’unico sistema oggi funzionale (pena il disorientamento e l’insuccesso del tutto)?

Avere consapevolezza (o applicare la mindfulness) non centra con respirare tre volte e poi lavorare. Non centra con fare le nostre azioni con calma. Non centra affatto.

Avere consapevolezza, e praticarla aggiungo ora, centra con il conoscere se stessi, le proprie individualità, conoscere i propri pregi/talenti/aree di miglioramento. Centra con avere il desiderio di migliorarsi sapendo che c’è un gran lavoro da fare. Centra con il pensiero critico. Centra con il sapere dove siamo: qui e ora.

Quindi vivere nel presente è il massimo atto di consapevolezza. La massima espressione della mindfulness.

Perché vivere nel presente? Non è forse più facile ricordare cosa abbiamo fatto nel passato o immaginare un futuro ipotetico? Certamente! Certamente è più facile ma la differenza è sostanziale!!

Vivere nel passato porta a rimpianti. Soprattutto quando qualcosa non è andato come abbiamo immaginato. Vivere nel futuro porta a frustrazione, perché è lontano questo “futuro”. Vivere nel presente, nel qui e ora, è di fatto l’unico attimo reale e concreto in cui poter usare la logica, la creatività, l’intuizione e tutto questo per programmare la nostra timeline e costruire questo “futuro”.

Sto dicendo di dimenticarsi di passato e futuro? NO!

Sto dicendo che il passato è utile come “scatola” che contiene le nostre esperienze che ci hanno reso chi siamo ora (nel presente) mentre il futuro è utile come “scatola” che contiene i nostri obiettivi. Quando poi siamo in grado di costruire obiettivi realmente raggiungibili allora questa “scatola” futuro diventa il nostro presente. E il nostro presente attuale diventa la nostra “scatola” passato. Ti suona meglio ora?

Quindi quando senti la parola mindfulness per stare bene, o mindfulness applicata al lavoro ricorda, da ora in poi, che stai ascoltando qualcuno che ti dice di vivere il tuo presente. Fare tesoro delle esperienze e usare tutte le tue abilità al fine di crearti un futuro migliore di oggi.

Sai come si fa? Prima di tutto si parte analizzando se stessi. I propri talenti, i propri comportamenti. Solo così puoi davvero scoprire come avere un futuro funzionale per te (e magari anche per la tua azienda e posto di lavoro).

Dimentica di chi ti dice che mindfulness sono tre respiri tra un turno di lavoro e l’altro. Ricorda che mindfulness è essere con la testa sul lavoro che stai facendo. Qualunque esso sia. Nessun altro pensiero che ti porta al passato oppure al futuro, ma solo il presente. Così ti puoi accorgere che stai anche respirando. E allora i tre respiri ti sembreranno una barzelletta!

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